La Suprema Corte di Cassazione (sentenze nn. 31149/2019 e 31150/2019) mette fine ad ogni questione fissando dei paletti precisi in materia di RICOSTRUZIONI DI CARRIERA e confermano comunque il diritto alla PROGRESSIONE ECONOMICA (22552/2016).
Si tenterà in modo alquanto sintetico di evidenziare i punti salienti.
Ciò che è certo è che la Cassazione ha, in odo magistrale, chiarito i diritti dei lavoratori della scuola prevedendo
1) il diritto (riconfermando proprie sentenze già note v. sentenza n. 20918/2019) alla PROGRESSIONE ECONOMICA nei limiti di 5 anni dalla data della lettera interruttiva per tutto il personale della scuola (DOCENTI ED ATA) per il periodo pre-ruolo, cosicché ciascuno può chiedere ed ottenere l’equiparazione stipendiale/retributiva (e contributiva) del pre-ruolo al ruolo. In altri termini tutto il pre-ruolo deve essere economicamente valutato con l’applicazione delle fasce stipendiali (proprie del personale di ruolo: 0/2-3/8-9/14 etc…) anche durante la vigenza dei rapporti di lavoro a tempo determinato;
2) il diritto ad una modificazione, sine die (non c’è più il limite della entrata in vigore della direttiva del 10.07.2001), del DECRETO DI RICOSTRUZIONE per gli ATA in quanto ogni decreto di ricostruzione, fino ad oggi adottato, è errato in quanto è stato effettuato, in osservanza dell’art. 589, con riconoscimento dei primi 3 anni agli effetti giuridici ed economici in misura integrale (al 100%) e i successivi anni dal 4° sino al ruolo nella misura di 2/3 ai soli fini economici (in misura ridotta). Per la Cassazione la riduzione per gli ATA non è legittimà. Quindi, tutti i decreti di ricostruzione per chi ha almeno 1 anno valutato nella misura ridotta (dei 2/3) può essere impugnato avanti al Tribunale perché sia valutato al 100%.
3) il diritto ad una modificazione, sine die (non c’è più il limite della entrata in vigore della direttiva del 10.07.2001), del DECRETO DI RICOSTRUZIONE per i DOCENTI previa verifica caso per caso seguendo un preciso procedimento logico/giuridico chiarito per punti dettagliati dalla Cassazione medesima, il tutto al fine di valutare se vi sia stata o meno una violazione del principio di non discriminazione di cui alla clausola 4 dell’Accordo Quadro. Occorre, secondo la Corte, calcolare l’anzianità di servizio pre ruolo dei docenti – con un meccanismo uguale da quello adottato per il personale ATA – tenendo conto del solo servizio effettivo (e cioé a giorni e non a 180 gg. per anno scolastico, per cui l’a.s. si compie anche per il docente al 365° giorno e non al 180° giorno), maggiorato, eventualmente, degli ulteriori periodi nei quali l’assenza è giustificata da una ragione che non comporta decurtazione di anzianità anche per l’assunto a tempo determinato (congedo ed aspettativa retribuiti, maternità e istituti assimilati).
Nel calcolo, precisa la Cassazione, non possono essere considerati né gli intervalli fra la cessazione di un incarico di supplenza ed il conferimento di quello successivo, né, per le supplenze diverse da quelle annuali, i mesi estivi, in relazione ai quali la Corte da tempo ha escluso la spettanza del diritto alla retribuzione (Cass. n. 21435/2011, Cass. n. 3062/2012, Cass. n. 17892/2015), sul presupposto che il rapporto cessa al momento del completamento delle attività di scrutinio.
Si dovrà, invece, tener conto del servizio prestato in un ruolo diverso da quello rispetto al quale si domanda la ricostruzione della carriera, in presenza delle condizioni richieste dall’art. 485, perché il medesimo beneficio è riconosciuto anche al docente a tempo indeterminato che transiti dall’uno all’altro ruolo.
Calcolata così l’anzianità di servizio del docente a tempo determinato sulla base del servizio effettivamente prestato, occorre verificare se la stessa è superiore a quella riconoscibile sulla base della anzianità “virtuale”.
Se all’esito del calcolo effettuato essa risulta essere superiore, al docente deve essere riconosciuta la maggiore anzianità calcolata e le norme italiane devono essere disattese da giudice nazionale perché esse violano la Direttiva Europea.